«..arricchì l'arte della pittura di quella intera perfezione che ebbero anticamente le figure di Apelle e Zeusi, e più, se si potesse dire [...] Laonde la natura restò vinta da' suoi colori; e l'invenzione era in lui sì facile e propria, quanto può giudicare chi vide le storie sue...» G.Vasari Le vite 1568.
La
Fondazione Accademia Carrara in collaborazione con GAMeC di Bergamo fino al 6
maggio 2018 propongono la mostra Raffaello e l'eco del mito.
L'esposizione a cura di M. Cristina
Rodeschini, Emanuela Daffra e Giacinto Di Pietrantonio è suddivisa in otto
sezioni tematiche con oltre 60 opere e offre una visione della carriera pittorica
del giovane Raffaello Sanzio. Nel 2020
ricorrerà il quinto centenario della morte dell'artista e la città di Bergamo
in anticipo sui tempi, rende omaggio al grande maestro del Rinascimento. L'esposizione guida il pubblico alla scoperta di alcuni suoi capolavori giovanili nel segno di una continuità con
l'apprezzamento del quale ha goduto nel periodo rinascimentale e in particolare modo dall'Ottocento
fino ai giorni nostri. Letterati e umanisti in lui videro il non plus ultra della
pittura in termini di grazia, perfezione e imitazione della natura: il pittore classico per eccellenza.
Nella prima sala l'osservatore è introdotto nell'ambiente in cui, il giovane Raffaello nacque e sviluppò le sue grandi capacità pittoriche: Urbino e in particolare la corte del Duca Federico da Montefeltro. La Signoria dei Montefeltro nella seconda metà del '400 fu un centro culturale, intellettuale molto aggiornato e stimolante per i letterati e gli artisti chiamati a corte. Giovanni Santi, padre di Raffaello fu tra i pittori attivi a Palazzo Ducale per il quale realizzò alcune tavole ad olio raffiguranti le Muse, destinate al tempietto della reggia (fig 1 e 2).
Raffaello apprese i primi rudimenti in pittura all'interno della bottega del padre e Pietro Vannucci, meglio conosciuto come Perugino, è indicato da Giorgio Vasari all'interno delle "Vite" come suo maestro. Ecco quindi nella seconda sala la Madonna in trono con il Bambino tra S. Giovanni Evangelista e S. Agostino (fig 3) datata 1494 del Perugino. A questa altezza cronologica è un artista molto affermato e stimato e quest'opera contiene gli elementi distintivi del suo stile verso i quali Raffaello orientò la sua ricerca pittorica: figure scultoree, colori brillanti e una quiete diffusa. Giorgio Vasari nelle Vite scrisse: È cosa notabilissima che, studiando Raffaello la maniera di Pietro, la imitò così a punto et in tutte le cose che i suo’ ritratti non si conoscevano dagl’originali del maestro e fra le cose sue e di Pietro non si sapeva certo discernere, Le vite 1568, G.Vasari. (Vita di Raffaello d'Urbino pittore e architetto).
Significative per il giovane Sanzio furono le opere di Pintoricchio, importante maestro umbro del quale sono esposti alcuni dipinti come la pala della Madonna della Pace del 1495 (fig 4). Si tratta di un dipinto realizzato a tempera su tavola destinato a Liberato Bartelli priore marchigiano della cerchia di Papa Alessandro VI. Quest'opera fu di grande esempio per Raffaello per l'eleganza, il disegno attento e il limpido paesaggio. Il pittore subì gli influssi di Perugino, Pintoricchio, ma anche altri artisti destarono il suo interesse come Andrea Mantegna.
1494, olio su tavola
Infatti nella terza sala denominata "Raffaello in bottega" si possono ammirare una serie di copie dei bozzetti originali (fig. da 5 a 8) che Raffaello realizzò durante i suoi viaggi in centro Italia. Fra questi troviamo la Copia dall'incisione di Mantegna con il Seppellimento di Cristo del 1500-1505 (fig 6). I disegni raccolti nel Libretto veneziano mostrano dettagli di opere alle quali Raffaello fece riferimento mentre il suo linguaggio si trovava in via di definizione. Le numerose commissioni ricevute, molte delle quali prestigiose, testimoniarono il suo grande talento che lo rese l'artista più richiesto.
1500-1505 circa, traccedi matita nera, penna su carta bianca
1500-1505, penna su carta bianca (dal Marsia rosso degli Uffizi)
Dopo la sezione che illustra la cultura figurativa di Raffaello, dalla quarta sala si entra in contatto diretto con i capolavori dell'artista urbinate, ad iniziare dalla tavola di piccole dimensioni raffigurante S. Michele del 1503-1504 (fig 9). Il dipinto legato probabilmente alla committenza colta di Urbino rappresenta la lotta tra S. Michele e il drago e si svolge in un'ambientazione demoniaca. Il paesaggio sul fondo è fumoso, dai toni bruni e rosso fiammeggiante. Delle piccole figure dalle vesti bianche incappucciate appaiono in lontananza secondo uno schema quasi processionale mentre ai piedi di S.Michele esseri mostruosi si aggirano intorno all'Arcangelo. Diverse sono le corrispondenze con i dipinti fiamminghi ad esempio le opere dell'olandese Hieronymus Bosch.
A seguire si possono vedere per la prima volta riuniti insieme i tre scomparti che compongono la predella della Pala Colonna realizzata per la chiesa di S. Antonio da Padova a Perugia. A seguito di vari passaggi di proprietà l'opera venne dispersa in varie collezioni. In mostra le tre tavole con scene sacre sono disposte secondo la loro posizione originaria L'Orazione nell'orto (fig 10) proveniente dal Metropolitan Museum di New York, l'Andata al calvario (fig 11) della National Gallery di Londra e il Compianto su Cristo morto (fig 12) da Boston, Isabella Stuart Garden museum. Sono episodi narrativi, composizioni che si basano sul principio di equilibrio e armonia figurativa.
Un Ritratto di giovane (fig 13) del 1502 realizzato a gessetto nero e bianco evidenzia le grande maestria disegnativa di Raffaello così come nello studio per la pala di S. Nicola da Tolentino (fig 14) del 1500-1501 in cui sono abbozzati l'impianto architettonico e le figure. L'opera conservata nella Chiesa di S.Agostino a Città di Castello subì importanti danni a causa di un terremoto nel 1789, in seguito venne smembrata e molte delle sue parti andarono disperse.
A questo proposito la mostra presenta tre tavole, (fig da 15 a 17) per la prima volta riunite insieme, che rappresentano i prodigi compiuti dal san Nicola da Tolentino: tre eventi miracolosi che forse completavano la predella della pala di Citta di Castello.
Un dipinto che recentemente è stato attribuito all'artista è la Madonna Diotallevi (fig 18) del 1504 c.a. da sempre pensato come lavoro eseguito da Perugino. Ciò che ha fatto propendere nel considerarla opera autografa di Raffaello è la rappresentazione degli affetti, il sentimento viscerale che lega i personaggi, una delle grandi abilità del pittore.
1500-1501, olio su tavola
La sala successiva è dedicata al S. Sebastiano (fig 19) dipinto destinato al culto privato che Raffaello eseguì nel 1502-1503 e che tutt'ora è conservato in Accademia Carrara a Bergamo.
La figura del soldato convertitosi al Cristianesimo è accurata nei dettagli, elegante nell'abito cinquecentesco a ricami dorati e nel mantello color cremisi. L'artista tratteggia una visione moderna del santo facendolo diventare contemporaneo alla sua epoca. Il viso tondo e l'espressività assorta rimandano al Perugino che nel suo S. Sebastiano del 1489-1494 conservato all'Ermitage di S.Pietroburgo (fig 20) delinea un volto in assoluta estasi meditativa. Interessante è l'accostamento di queste opere e la riflessione che viene proposta in merito al soggetto.
Difatti la mostra fa notare come il significato delle opere possa anche essere non necessariamente religioso come per il Giovane in figura di S Sebastiano del 1496 c.a. (fig 21) un dipinto di Giovanni Antonio Boltraffio in cui la freccia potrebbe simboleggiare le pene d'amore anziché il martirio. La stessa lettura iconografica potrebbe essere proposta anche per il S.Sebastiano di Raffaello.
Senza dubbio la conoscenza dei dipinti fiamminghi come quello di Hans Memling in esposizione (fig 22) influenzò la ritrattistica di quel periodo per quanto riguarda la figura nel paesaggio come si può notare in un'altra opera di Raffaello il Ritratto di Elisabetta Gonzaga del 1503-1504 (fig 23). La nobildonna moglie di Guidobaldo da Montefeltro, riconosciuta come una donna erudita e raffinata, è raffigurata a mezzo busto in posizione frontale, Indossa un abito con particolari disegni geometrici che segue sicuramente la moda del tempo.
L'attenzione ai dettagli, come lo scollo ricamato della veste, la collana di maglia sottile e il diadema con scorpione sulla fronte sono aspetti tipici dell'arte fiamminga. Sullo sfondo campeggia un arioso paesaggio.
Nel corso dell'Ottocento Raffaello venne riscoperto e gli artisti riproposero i suoi soggetti. Un esempio è La Scuola di Atene, copia da Raffaello (fig 24) di Giuseppe Bezzuoli, commissionatagli dal Conte Paolo Tosio Martinengo, un'opera che afferma una chiara manifestazione d'interesse per l'affresco vaticano. Altri pittori dipinsero episodi narrativi "dedicati" all'artista che conservano nella memoria la sua fama di "divino pittore" come l'opera di Francesco Diofebi del 1836 L'apertura della tomba di Raffaello al Pantheon nel 1833 (fig 25) un avvenimento di cronaca che ebbe grande risonanza tra i cittadini romani. Il pittore tedesco Anton Raphael Mengs eseguì numerose copie della Madonna della seggiola (fig 26) come quella esposta del 1770-1771. La sua ammirazione nei confronti dell'artista urbinate era sconfinata, durante la sua formazione studiò assiduamente le sue opere.
La penultima sala della mostra è riservata alla figura misteriosa della Fornarina, una giovane donna che si può supporre fosse l'amante del pittore, il cui vero nome era Margherita Luti figlia di un fornaio di Trastevere. Nel ritrarla, Raffaello, si rifà al modello greco della venere pudica, coprendo con un velo molto trasparente solo una parte del suo corpo. Elementi come il mirto sullo sfondo, il ramo di cotogno sono riferimenti simbolici all'amore nuziale: chissà forse la donna era stata la sposa di un nobile (fig 27).
La sua identità non è ancora stata del tutto scoperta certo è, che intorno a questa immagine femminile, per secoli è stata alimentata una sorta di leggenda amorosa e nel corso dell'Ottocento diversi artisti ne hanno dato una loro interpretazione. Un esempio è Raffaello e la Fornarina (fig 28) un dipinto del 1826 di Giuseppe Sogni ambientato nello studio del pittore oppure l'opera di Faruffini dallo stesso titolo del 1857 (fig 29) . In una scena all'aperto con ruderi antichi, Raffaello ha tra le mani un album da disegno e accanto a se la donna amata, la cui bellezza e amore intenso, furono una fonte di ispirazione inesauribile per il pittore. Un'altra splendida immagine di profondo sentimento è l'opera di Francesco Gandolfi del 1854 (fig 30).
Il confronto artistico con Raffaello continuò anche durante il Novecento, tanto è vero che molti artisti seguitarono a far rivivere il suo mito attraverso ricerche e citazioni delle sue opere.
L'ultima sala è destinata proprio a loro e presenta opere di Antonio Donghi come l'Annunciata del 1940 (fig 31) che suggerisce analogie con la Velata di Palazzo Pitti, Deux femmes se reposant del 1931 di Pablo Picasso, l'Autoritratto di Giorgio De Chirico del 1931 (fig 32) che si rifà al modo di concepire il ritratto proprio di Raffaello.
A fianco degli artisti del primo Novecento numerosi sono quelli contemporanei: Christo Javacheff e la sua opera del 2015 intitolata Wrapped Dvd Case (fig 33) che ripropone il ritratto di Francesco Maria della Rovere, duca di Urbino, secondo un particolare modo di intendere il ritratto che fa ricorso ad un involucro di plastica, Carlo Maria Mariani e il dipinto La costellazione del Leone del 1981 (fig 34), un omaggio alla Scuola di Atene.
2015, immagine stampata su carta patinata, plastica e corda
Giulio Paolini con il (Non) senso della visita del 2015 (fig 35) mette in rapporto lo spettatore e il S. Sebastiano di Raffaello, Luigi Ontani si raffigura nei panni dell'artista nella fotografia su tela RaffaEllo del 1972 citando l' Autoritratto della Galleria degli Uffizi che viene ripreso anche da Francesco Vezzoli nel suo Light box Self- portrait as self-portrait (after Raffaello Sanzio) del 2013 (fig 36).
L'evento espositivo è ben organizzato, la suddivisione delle sale per tema permette di
cogliere con chiarezza l'evoluzione della sua arte, dalla sua formazione alla
sua attività sino al fascino che ha prodotto in epoca moderna e contemporanea. L'esposizione è facilmente godibile, l'ausilio di pannelli esplicativi accanto
ai dipinti aiutano a contestualizzarli dando utili indicazioni.
L'allestimento
realizzato da DE8 Architetti e Tobia Scarpa è
stato pensato per valorizzare l'ambiente con tele grezze di iuta e
profilature dorate che infondono un senso di eleganza allo spazio, un richiamo
agli ideali di grazia e bellezza di Raffaello.
La mostra è corredata da un ricco programma di attività come i percorsi di visita guidata per i gruppi e le scuole e i laboratori a cura dei Servizi Educativi dell'Accademia Carrara e della Gamec.
Per ulteriori informazioni www.raffaellesco.it.
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