L'arte
di Caravaggio non si esaurì con la scomparsa del pittore avvenuta nel 1610,
anzi lo sconvolgimento che egli apportò alla pittura fu di tale portata che
molti artisti seguirono le sue orme e per questo vennero definiti "Caravaggeschi".
La
mostra L'eredità di Caravaggio. "Capolavori in luce" in corso fino al 31 maggio presso
Palazzo Creberg di Largo Porta Nuova a Bergamo approfondisce la tematica della
luce, l'elemento marcatamente rivoluzionario della pittura di
Michelangelo Merisi, attraverso un gruppo di opere di pittori caravaggeschi, provenienti da collezioni pubbliche e private.
L'esposizione curata da Simone Facchinetti, pone interrogativi importanti in attesa di risposte che per ora si possono solo
ipotizzare; esse sono frutto di studi e di ricerche ancora in atto che
riguardano capolavori spesso poco documentati, ma proprio per questo motivo ancor
più interessanti.
Si inizia con una grande tela dell'artista cremonese Antonio Campi Santa Caterina visitata in carcere dall' imperatrice Faustina (fig 1) del 1584 perciò un'opera antecedente alla pittura di Caravaggio. La mostra infatti dà risalto a come questo dipinto, realizzato nello stesso anno in cui Caravaggio iniziò il suo alunnato presso l'artista milanese Simone Peterzano, possa aver costituito un modello di riferimento per Michelangelo Merisi. La luce o meglio le tre fonti luminose della composizione potrebbero aver scosso il giovane Caravaggio. Il dipinto, la cui lettura iconografica è un po’ faticosa è attualmente oggetto di restauro e a lavori ultimati sarà possibile apprezzarlo nella sua interezza.
Accanto a questa grande tela troviamo il dipinto La guarigione di Tobi (fig 2) realizzato nel 1630-1640 da Matthias Stom. Si tratta della prima delle sei opere esposte dell'artista di origine olandese che soggiornò a Roma nel 1630 e negli anni successivi a Napoli e in Sicilia. Il pittore in patria, aveva già conosciuto lo stile di Caravaggio riportato dai suoi colleghi fiamminghi di ritorno dall'Italia.
La luce elemento cardine della pittura caravaggesca, qui viene ripresa come elemento che concorre a dar risalto ai personaggi, come l'arcangelo Raffaele avvolto da una elaborata tunica o come in Dedalo e Icaro, realizzata sempre da Matthias Stom: i due personaggi mitologici seminudi sono rischiarati da un bagliore che ne evidenzia persino i tendini e i muscoli del corpo.
1584, olio su tela
Al piano superiore si prosegue con altre tre opere del pittore fiammingo. Un'opera di piccole dimensione è S. Giovanni Battista (fig 3) del 1630-1640 in cui il santo è ritratto ancora bambino. L’opera proviene dal refettorio del convento dei santi Bartolomeo e Stefano a Bergamo. Anche per questo lavoro attribuito all’artista di Utrecht, gli studiosi si sono posti dei quesiti circa la sua provenienza tutt’ora irrisolti. Il santo è raffigurato con gli attributi tipici della sua figura: la pelle di cammello, la croce con cartiglio e davanti a sé una piccola ciotola con l'acqua che prefigura da un punto di vista simbolico il battesimo che somministrerà agli abitanti di Gerusalemme in età adulta.
Nell''incredulità di S. Tommaso (fig 4) del 1630-1640 il fulcro compositivo è la piaga del costato di Cristo verso il quale guardano i personaggi ma che l'osservatore non vede;una luminosità soprannaturale rischiara questo punto lasciando completamente in ombra tutto il resto, accentuando l'effetto trascendente.
Il Cristo portacroce (fig 5) e Cristo tra i dottori ( fig 6) sono le ultime opere di Matthias Stom in esposizione. In particolare Cristo tra i dottori è considerata un'opera importante in quanto narra un episodio dell'adolescenza di Cristo, l'unico citato nelle Sacre Scritture. Il dipinto è un campionario di sguardi, atteggiamenti discordanti dei sacerdoti del Tempio di Gerusalemme che ascoltano la trattazione di Gesù basiti difronte alla sua sapienza.
Giovanni Lanfranco artista emiliano dallo stile pienamente barocco nell'opera del 1626 Ritratto di famiglia dell'artista (fig 7) fa notare come la lezione caravaggesca ormai sia superata mentre l'opera successiva Vergine Addolorata (fig 8) del francese Simon Vouet si trova a metà strada tra la consapevolezza della luminosità del pittore lombardo e l'atteggiamento "mistico" della vergine volto a persuadere l’osservatore, un compito che spesso la pittura barocca doveva assolvere.
Il bozzetto dell'artista piemontese Tanzio da Varallo, Battaglia di Sennacherib (fig 9) del 1629-1630 illustra l'episodio biblico dell'assedio di Gerusalemme: l'angelo sterminatore con l'aiuto di Dio, uccide tutti i componenti dell'esercito assiro di Sennacherib. I lampi di luce mutuati dal pittore lombardo colpiscono i corpi dei guerrieri morenti che mostrano già forme proprie del manierismo.
La Decollazione di San Giovanni Battista (fig 10) di Francesco Buoneri detto Cecco del Caravaggio è un'opera realizzata dal garzone di Michelangelo Merisi che successivamente diventò pittore. Questo dipinto che presenta S Giovanni bendato, un dettaglio piuttosto singolare mai visto prima, ha sollevato non pochi interrogativi e ad oggi è oggetto di studio.
Seguono due opere del milanese Giuseppe Vermiglio: Giuditta e Oloferne (fig 11) e S. Giacomo Maggiore (fig 12). Nella prima opera la donna ebrea si distingue per la sua lucida freddezza: dopo aver ucciso il condottiero Oloferne non mostra alcun tipo di stato d'animo se non appunto l'indifferenza. Magnifico l’abito così come i gioielli che indossa.
S Giacomo Maggiore del 1620-1625 è un ritratto del santo con le caratteristiche distintive del pellegrino come la conchiglia, il cappello e la mantellina. La luce caravaggesca proveniente da sinistra è attentamente calcolata per illuminarlo con intensità.
In esposizione vi è un'opera di Van Dyck ,artista fiammingo attivo alla corte inglese, allievo di Peter Paul Rubens.
Nel 1621 come i suoi colleghi conterranei, compì un viaggio in Italia per documentarsi e perfezionare il suo lavoro. Visitò Roma ma in modo particolare fu sedotto dalla pittura veneziana di Tiziano e Giorgione. Le Quattro età dell'uomo (fig 13) del 1625 è un dipinto in cui è palpabile l'ispirazione a Tiziano, nel colore e nella lucentezza della corazza del cavaliere.
Da molti anni la Fondazione Creberg si impegna nel restauro di opere pubbliche. Quelle che possiamo vedere in concomitanza con la mostra sono due opere settecentesche dell’artista veneziano Francesco Capella. La Madonna del Carmine (fig 14) proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Assunta a Calcinate e Quattro Santi (fig 15) della Chiesa di S Martino a Gorno. Dopo essere state sottoposte a scrupolose operazioni di pulitura e conservazione, sono riemerse figure e dettagli importanti alla ricostruzione della composizione.
Altre due pale sono Il Martirio di S. Stefano (fig 16) della Chiesa di Santo Stefano di Carobbio degli angeli che presenta richiami a Gian Battista Tiepolo per quanto riguarda la cromia, l'Annunciazione(fig 17) e la Fuga in Egitto (fig 18) del Santuario della Beata Vergine del Miracolo di Desenzano al Serio.
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