Un
percorso espositivo vasto e ambizioso, per ampiezza cronologica e ricchezza di
opere, quello che fino al 10 giugno 2018 sarà assoluto protagonista nelle sale
espositive di Palazzo Martinengo a Brescia.
La
mostra curata da Davide Dotti, organizzata dall'Associazione Amici di Palazzo
Martinengo, col patrocinio della Provincia di Brescia e del Comune di Brescia
propone capolavori provenienti dalle raccolte d'arte private di città e
provincia che coprono un arco temporale che va dal Neoclassicismo all'Arte
Informale.
Per
la prima volta è mostrata al pubblico un'opera inedita di Pablo Picasso del
1942 scoperta dal curatore dell'esposizione e recentemente autenticata dalla
Fondazione Picasso di Parigi.
Verso la fine del 1700 l'arte neoclassica registrò un grande apprezzamento e nella città di Brescia molti aristocratici esigenti iniziarono a circondarsi di opere d'arte. All'interno delle loro dimore desideravano poter godere appieno di apparati decorativi e di dipinti.
Ai maestri del Neoclassicismo è stato affidato il compito di aprire la mostra così Il ritratto del generale Teodoro Lechi (fig 1) datato 1804-1806 è uno dei primi dipinti che possiamo vedere. Eseguito dal pittore della corte napoleonica Andrea Appiani, presenta uno sguardo molto intenso, una raffigurazione più intima della persona ritratta. Nel secondo Settecento infatti il ritratto, commissionato perlopiù da aristocratici che attraverso esso rimarcavano l'appartenenza ad un determinato rango, lascia spazio ad un genere pittorico più realistico in cui la classe medio borghese da rilievo alla propria posizione sociale senza una particolare ostentazione.
Dell'artista Domenico Vantini è presente l' Autoritratto del 1814 (fig 2), in cui l'artista si mostra a figura intera con gli attrezzi da lavoro sullo sfondo di antichi monumenti.
1804-1806,olio su tela
Luigi Basiletti artista bresciano che studiò prima a Bologna poi a Roma, si dedicò alla pittura di storia e approfondì lo studio dell'antico grazie ad Antonio Canova. Del pittore sono esposte alcune vedute bresciane come La veduta della Franciacorta dal giardino di Villa Ducco a Camignone del 1832 (fig 3), un paesaggio di ampio respiro come quello rappresentato nell'opera Le Cascate del Velino presso Terni del 1839 (fig 4), entrambi legati alla poetica del pittoresco. Nell’opera del 1830 Il Capitolum dopo gli scavi (fig 5) Basiletti mostra il Tempio di Vespasiano al suo ritrovamento, una suggestiva bellezza di antiche rovine, alla cui scoperta partecipò come direttore dei lavori l’artista stesso.
1832, olio su tela
Dopo aver studiato all'Accademia di Brera Angelo Inganni si specializzò nella rappresentazione di vedute cittadine e scene di genere con uomini del contado. In Veduta di Piazza della Loggia con la neve del 1879 (fig 6), Inganni propone uno spaccato di vita cittadina all'indomani delle guerre di indipendenza: la gente passeggia con tranquillità, si occupa delle faccende quotidiane. Il centro simbolico del dipinto è il monumento risorgimentale del 1849, la Bella Italia di Giovan Battista Lombardi. Seguono alcune scene di genere che puntano sulla componente luministica come La ragazza che cucina lo spiedo del 1870 e Interno di cucina del 1877.
L'attenzione verso i più umili è esplicitata nel dipinto Il piccolo spazzacamino del 1843 (fig 7), un ritratto eseguito dal vero di un fanciullo effigiato durante un pasto frugale: colpiscono i profondi occhi neri come la fuliggine che gli ha sporcato il viso e l’innocenza del suo sguardo. Tra le opere realizzate dall’artista vi è il ritratto di una giovane pittrice, Amanzia Guèrrillot del 1855 (fig 8), sua allieva che successivamente sposò in seconde nozze. In un interno borghese di gusto raffinato la donna è seduta davanti al cavalletto e rivolge uno sguardo compiaciuto verso il pittore.
Sempre in un interno, questa volta il salotto di una nobildonna bresciana, è il dipinto Marietta Caroli Rossa mostra il suo testamento a due poveri del 1866 (fig 9) che la ritrae mentre mostra il suo lascito testamentario a due indigenti i quali si mostrano stupefatti, disorientati difronte al gesto magnanime della donna. In un piccolo ambiente del percorso espositivo troviamo i dipinti di battaglie risorgimentali di Faustino Joli: episodi bellici eseguiti mediante riprese dal vero con un significativo taglio documentaristico.
La pittura di paesaggio a lungo bistrattata, nell'Ottocento riaffermò la sua centralità in campo artistico. Di fatto gli artisti del periodo romantico e quelli della generazione successiva, del movimento naturalistico, adottarono questo genere pittorico con esiti straordinari. Giovanni Renica con la Veduta di Piazza della Loggia e la Veduta del porto di Desenzano del 1836-1839 ne offre un esempio così come nella Veduta delle Sponde del Nilo del 1841, un soggetto orientaleggiante al quale si interessò durante un suo viaggio in Grecia e nel Vicino Oriente. Francesco Filippini e Luigi Lombardi si confrontarono con soggetti improntati ad un totale naturalismo mediante una tecnica pittorica spezzata e più immediata come in Sosta sul prato del 1893 c.a. di Filippini (fig 10) in cui è il verde acido del prato della Val Camonica a colpire nell'immediato l'osservatore.
Altri artisti che aderirono al naturalismo come Bertolotti e Soldini rivolsero il loro interesse rispettivamente verso il paesaggio lacustre e quello montano. Un esempio è la Veduta del Golfo di Salò (fig 11) del 1890 di Bertolotti in cui la città si riflette nello specchio d'acqua oppure il Tramonto sul lago di Iseo (fig 12) del 1885 sempre dello stesso artista in cui un affascinante cielo rosato infonde un senso di tranquillità.
Un'intera sala raccoglie le opere dei più importanti artisti del secondo Ottocento italiano. Partendo da Francesco Hayez, che con l'opera Mazzo di Fiori del 1867 si misura con il genere della natura morta, si giunge a De Nittis, Zandomeneghi e Giovanni Boldini che nel dipinto Nudo visto di Schiena del 1894 (fig 13) crea un gioco illusorio in cui l'osservatore si immedesima nella donna nuda rappresentata di spalle che a sua volta rivolge l'attenzione ad un dipinto che ha difronte. La condivisione degli ideali risorgimentali è espressa nel dipinto dell'artista milanese Domenico Induno Un pensiero a Garibaldi del 1863 (fig 14) in cui una donna guarda speranzosa il ritratto del generale Giuseppe Garibaldi mentre nell'opera di Giovanni Fattori Garibaldi a Palermo del 1860-1861 (fig 15) viene narrato lo scontro tra i garibaldini e l'esercito borbonico.
In questa sezione dell'esposizione si alternano riproduzioni di donne maliziose, appassionate e sognanti. La Tazza dorata di Emilio Rizzi del 1911 (fig 16) ritrae la moglie del pittore in un raffinato abito mentre sorseggia una tazza di tè. L'opera realizzata a Parigi risente del clima che si respirava durante quegli anni nella capitale francese. In particolare il mondo femminile iniziava ad essere disinibito, estremamente ammaliante e seducente incoraggiato da una sensazione diffusa di benessere e libertà.
Achille Glisenti nel dipinto La morte di Cleopatra del 1878 (fig 17) crea una forte immagine teatrale della morte suicida della giovane regina egiziana. L'opera è un esempio di pittura orientalista: l’ambientazione esotica è ricreata con lo studio di ogni dettaglio, arricchita da un’atmosfera che allude al piacere dei sensi. Proseguendo si incontrano due opere allegoriche di Modesto Faustini Sogno di primavera in pendant con Sogno di autunno, entrambe improntata al decorativismo che da lì a qualche anno caratterizzerà lo Stile Liberty.
Un dipinto intrigante è il Ritratto di Luciana Pantaleo (fig 18) del 1920 di Angelo Landi in cui l'artista raffigura una donna in abito da sera dotata di una grande carica di fascino e eleganza.
I due punti fermi attorno ai quali si sviluppò la pittura Metafisica furono il ritorno alla classicità e la rappresentazione di una realtà che trascende se stessa. Piazza d'Italia (fig 19) di Giorgio De Chirico del 1960 è un'opera emblematica. Il tempo sembra essersi fermato in questa grande piazza con la scultura che raffigura Arianna dormiente al centro, abbandonata a un sonno profondo. Silenzio, solitudine e malinconia, senso di attesa caratterizzano questo dipinto. Sullo sfondo una torre e un treno a vapore simboleggiano la modernità che avanza a scapito della classicità che può essere solo evocata.
Nelle sue composizioni De Chirico fece uso dei manichini privi di volto e completamente anonimi, figure ermetiche come quelle del carboncino Gli Archeologi del 1915-1922; proposte anche dal fratello Alberto Savinio nell'opera Otello e Desdemona del 1928.(fig 20) In mostra è presente un lavoro prefuturista di Umberto Boccioni, Profilo femminile del 1908 che di lì a qualche anno lascerà il posto a Studio di testa femminile del 1912 in cui la scomposizione delle forme, mutuata dal cubismo è già in atto.
Per i movimenti artistici Novecento italiano e Ritorno all’ordine il principale obiettivo fu quello di riconquistare la tradizione figurativa, in contrapposizione alle sperimentazioni d'avanguardia che avevano sovvertito i modi consueti di concepire figure e spazi. Le opere in mostra che si inseriscono in questo contesto sono ad esempio la Natura morta di Giorgio Morandi del 1954 (fig 21) Nudo di donna con statua di Achille Funi del 1930, Fiori a Venezia (fig 22) di Filippo de Pisis del 1930 e l'opera intitolata Mia madre di Cagnaccio di S. Pietro del 1922 (fig 23). All'interno di questa sala campeggia un’opera poco conosciuta di Pablo Picasso del 1942.
Natura morta con testa di toro (fig 24) dipinto eseguito in pieno periodo bellico conserva in sé gli aspetti crudeli della Seconda Guerra Mondiale i quali risultano smorzati dall'uso di una cromia accesa. Infatti quest'ultima simboleggia una sorta di energia vitale adombrata dalla presenza del teschio taurino emblema della violenza e della morte, sul quale Picasso riversa la propria angoscia a seguito anche di drammatiche vicende personali. L'opera riconducibile per soggetto ad altri dipinti della fine degli anni '30 è indubbiamente di potente espressività.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale l'arte iniziò a parlare un nuovo linguaggio basato sull'importanza dell'espressività del gesto artistico. Gli artisti che si avventurarono verso questa direzione furono Emilio Vedova, Birolli, Burri, Capogrossi. Visione contemporanea (fig 25) del 1952 di Emilio Vedova mostra la drammaticità di un gesto istintivo mentre Burri nella sua Composizione del 1950 si concentra sulla materia con una forte attenzione per la tavolozza cromatica.
Con le opere di Piero Manzoni e Lucio Fontana ci si allontana dalle ricerche informali, i concetti di tempo e spazio diventano fondamentali così come la priorità data all'idea ancor più della procedura artistica e dell’opera artistica in sè. Achrome del 1960 di Piero Manzoni è molto significativo in questo senso così come la provocatoria Merda d’artista del 1961 (fig 26) mentre Concetto spaziale. Attese del 1964 (fig 27) di Fontana si basa sulla consapevolezza della realtà intuita attraverso i sensi.
Il
valore storico e artistico dell’esposizione è ampiamente provato dalla
scelta delle opere esposte: dal periodo Neoclassico alla corrente dell’Informale,
sono numerosi i dipinti frutto delle raccolte appassionate dei collezionisti.
In particolare la pittura bresciana credo che rivesta un ruolo chiave all’interno
della mostra a dimostrazione di come aree geografiche più periferiche, da un
punto di vista artistico, siano giunte a produzioni straordinarie.
informazioni utili:
orari:
dal mercoledì al venerdì dalle 09:30 alle 17:30
sabato, la domenica e i
festivi dalle 10 alle 20
Chiuso il lunedì e il martedì.
Per info: 380-4650533 gruppi@amicimartinengo.it.
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