Alberto
Meli, scultore bergamasco, scomparso nel 2003 all'età di 82 anni fu un artista
riservato, partecipò raramente a mostre ed esposizioni, lavorò per collezionisti
privati e per l’ambiente ecclesiale ma soprattutto per se stesso, per l'amore
per l'arte e la propria creatività, senza
avere un obiettivo prettamente "commerciale" da perseguire.
Collaborò
con alcuni esponenti del Dadaismo quali Richter e Jean Harp traendone spunti di carattere formale, ma continuando comunque a seguire la propria
linea espressiva.
Questo ed
altri aspetti riguardanti Meli sono emersi dalla visita alla produzione
scultorea dell'artista, durante la quale ho avuto il piacere d'essere
accompagnata dalla Sig.ra Consuelo Gaini, nipote di Alberto Meli e dal
presidente dell'Associazione Amici del Museo Sig .Mario Brigo. Di primo acchito pare quasi surreale che sia stato possibile radunare la maggior
parte delle opere di uno scultore in un unico spazio fruibile dai visitatori.
Probabilmente siamo abituati al fatto che opere di artisti più o meno noti si
trovino sparse per vari musei del mondo e a volte in collezioni non cosi
direttamente accessibili.
Il Museo
a lui dedicato venne inaugurato nel 2003 e da allora un pubblico numeroso si è
avvicendato fra le sale alla scoperta delle opere dell'artista.
Le questioni affrontate in scultura da Meli riguardano massimamente la natura e
l'uomo.
La
riflessione sulla tematica riguardante la sofferenza dell'uomo è ben rappresentata mediante una serie di disegni,
sculture lignee e in marmo che rappresentano Cristo crocifisso (fig 1): in queste opere
come in altre attinenti alla tematica sacra emerge una forte spiritualità e la
capacità di essere compartecipe del drammatico destino del Redentore.
Questo è
evidente anche nella mirabile Via Crucis realizzata per la chiesa parrocchiale
di Luzzana.
Il
rituale della chiesa cattolica che ripercorre i momenti salienti del percorso
di Cristo al Golgota è replicato con figure fuse in piombo dall'artista e che,a
causa del materiale ritenuto eccessivamente pesante, furono rimosse e
sostituite da copie in bronzo.
Meli
alternò l'elaborazione di opere figurative a quella di opere astratte che
probabilmente gli presentavano maggiori
opportunità di applicazione della sua vena creativa.
Una
dimostrazione sono sculture attinenti alla sfera religiosa come Genesi (fig 2) del 1980-1985, Natività dello stesso periodo fino ad approdare
alla serie della Maternità dei
primi anni '90.
Il
vincolo affettivo che lega la madre al figlio, ha inizio dal grembo materno che
lo scultore pone in evidenza: il suo intento è quello di mostrare la vita in
divenire allo spettatore rendendolo partecipe dei prodigi della natura. Il mondo
degli animali e della natura sono sempre stati degni d'attenzione da parte di
Meli, fondamentale l'attaccamento alla sua terra per la quale ha continuamente
mostrato deferenza e così anche per gli animali.
In queste
opere la componente fantasiosa gioca un
ruolo fondamentale: fagiani, capre, uccelli prendono forma attraverso l'impiego
di materiali raccolti dallo scultore nelle valli circostanti, rami, tuberi la
cui lavorazione dona loro forte spirito e vitalità. La sua
primaria formazione dopo l'apprendistato presso lo studio di Gianni Remuzzi fu
caratterizzata dall'acquisizione di nozioni accademiche grazie alla
frequentazione, tra il 1947 e il 1953 dell'Accademia Carrara ed in particolare
al contatto con il maestro ferrarese Achille
Funi.
Una serie
di opere presenti nel percorso espositivo del Museo sono appunto dedicate alla
scultura accademica.
Le nozioni
acquisite permettono all’artista di elaborare figure longilinee, per lo più di
ragazzi adolescenti che appartengono alla tradizione storica locale, costituita
dal lavoro nei campi come ad esempio Il Vignaiolo (fig 3) o il Serpaio (fig 4). Pur
mantenendosi sempre legato al figurativo, Meli verso la fine degli anni '50,
decide di sperimentare nuovi approcci formali ed è in questo frangente che ha
inizio la sua collaborazione con il dadaista Hans Jean Harp.
Il
sodalizio artistico fra Alberto Meli e lo scultore francese durò dal 1956 al
1966, durante questi anni lo scultore bergamasco apprese i tratti stilistici
essenziali delle sculture di Harp, forme organiche giocate sul contrasto tra
pieni e vuoti evocatrici di forme naturali.
Ne sono
esempi sculture come Cavallo (fig 5), realizzata tra il 1958 e 1952 e Ratto delle Sabine (fig 6) del medesimo
periodo.
Dopo la
parentesi svizzera, Meli fa ritorno in Italia e qui continua la sua ricerca
stilistica, in modo indipendente.
Dalla sua
produzione emergono due elementi, apparentemente in antitesi fra loro: la
componente figurativa e la componente astratta. Si tratta di due espressioni
artistiche differenti, accomunate da un solo filo conduttore la sensibilità per
la natura e per l’uomo.
Alberto
Meli condivise i suoi interessi artistici con la moglie Ester Gaini, che dopo
essersi diplomata all'Accademia Carrara praticò l' insegnamento presso la
Scuola di pittura di Locarno dal 1955 al1965.
Dal
figurativo passò, dopo la morte del marito, all'astrazione. Una sala del museo
Meli è dedicata alle sue opere.
Particolare della prima sala del museo nella quale si può osservare un esposizione del Cristo crocifisso declinato secondo varie tipologie di rappresentazione.
Infatti esso è presente come scultura lignea, in marmo ed anche in bassorilievo su tavolette in legno, appare stilizzato, ridotto a forme essenziali di energica espressività.
Il coltivatore della vigna è un giovinetto che tiene in una mano l'arnese del suo lavoro e con l'altra stringe tralci di vite appena potata.
Il ragazzino per la cura dei dettagli, la sinuosità del corpo, la tunica lievemente drappeggiata ricorda la statuaria classica mentre le cesoie e la vite sono attributi che qualificano il suo operato e che restituiscono un' immagine della civiltà contadina.
Il cavallo si protrae in avanti mettendo in evidenza la tensione delle sue membra: dinamicità, il gioco fra pieni e vuoti, l' essenzialità sono le caratteristiche di quest'opera.
Biografia Alberto Meli nacque a Luzzana in provincia di Bergamo nel 1921 e presso lo studio dello scultore Remuzzi scopre i primi metodi di lavorazione dei materiali, in particolare la pietra e il marmo. Il busto autoritratto è una delle sue prime opere, realizzata quando si trova sul fronte russo durante la seconda guerra mondiale. Al termine del conflitto si iscrive all’Accademia Carrara che frequenterà sotto la guida del maestro Achille Funi. Dal 1955 soggiorna a Locarno in Svizzera entrando in contatto con numerosi artisti avanguardisti come Fischer, Richter, Beninger, Bill, Probst e Arp. Nel 1966 rientra a Luzzana continuando a realizzare opere attraverso la sperimentazione di materiali diversi fino al 2003 anno della sua scomparsa e anno di costituzione del museo a lui intitolato.
Spero di poter vedere al più presto le opere del maestro Meli.
Buongiorno Aldo, con le riaperture dei musei spero vivamente che tu possa visitare il ricco patrimonio artistico custodito all'interno del museo.
Lo spero anche io,inoltre,appeso sul muro dove il maestro aveva lo studio c'è appesa una targa scolpita da egli medesimo,pensavo che magari li potrebbe andar perduta un giorno e mi chiedo come mai non la abbiano destinata ad un museo assieme alle altre sue opere.
Mi aspettava il mercoledì mattina,cancello aperto per glli amici che lo amavano lo seguivo in silenzio nel laboratorio,in quel periodo stava finendo il Mose’ ligneo grande al vero bellissimo,,per lui era tutto semplice…conservo tanti ricordi meravigliosi.Grande Alberto
Un grande privilegio aver visto il maestro all'opera!
In ricordo di mio padre Francesco Fertile, nonché cucino e grande amico di Alberto e Esther, sono fiera di averlo incontrato più volte da bambina nella sua casa fatta a "fette di polenta". Renata Gamboni Fertile - Svizzera
Mi chiamo Giorgio Fertile...figlio di Francesco secondo cugino di Alberto, mi ricordo le tante visite a casa sua a Luzzana con sua moglie Ester..nonché la cara zia Angelina????...mi ricordo anche di Giorgio...loro figlio...e molto altro.. Orgoglioso di far parte della cerchia di questi parenti...ma non per la loro bravura e arte...bensì per l'accoglienza semplice e genuina...orgoglioso di avere sangue bergamasco...????
Buongiorno Giorgio. Grazie della tua importante testimonianza di chi ha vissuto il tutto in prima prima persona.