«Un soggetto assurdo, zone di colore piatto e stesura pittorica senza chiaroscuro» questa fu la “sentenza” della giuria del Salon parigino del 1863.
Éduard Manet creò un suo stile affidandosi principalmente all’ispirazione per importanti artisti del passato. Tiziano, Tintoretto, Lorenzo Lotto e agli spagnoli Velazquez e Goya. Il tema del dipinto in effetti era già stato affrontato in precedenza nella prima metà del Cinquecento: il Concerto campestre attribuito inizialmente a Giorgione e successivamente a Tiziano, presenta figure in dialogo all’interno di un paesaggio. In questo caso le figure femminili nude sono un’allegoria della poesia e della musica.
Nel dipinto di Manet ciò che scandalizzò non fu la tematica bensì la presenza della donna, che nella composizione, non aveva alcun tipo di giustificazione. Infatti non poteva essere ricondotta a nessuna figura mitologica, storica o letteraria. Essa era semplicemente una donna della borghesia parigina del tempo, seduta accanto a due uomini in un paesaggio della campagna francese. Conosciamo anche il suo nome Victorine- Louise Meurent una pittrice e modella. Mentre l’uomo a sinistra è Ferdinand Leenhoff, cognato dell’artista e quello a destra è uno dei suoi due fratelli.
In secondo piano una donna vestita in abito bianco si lava in acqua. Il loro atteggiamento suggerisce che la situazione rappresentata sia un momento di pausa durante una passeggiata, durante la quale i personaggi hanno approfittato del tempo a disposizione per fare un picnic come è evidente dal cesto di frutta e dal pane caduti sulla tovaglia.
Una raffigurazione imbarazzante per i gusti dell’epoca, ma che nelle intenzioni di Manet doveva essere semplicemente del proprio tempo e doveva rappresentare ciò che si vede senza alcuna convenzionalità. La composizione venne elaborata prendendo a modello un’acquaforte di Marcantonio Raimondi del Giudizio di Paride di Raffaello realizzato a monocromo nella stanza della Segnatura in Vaticano.
Il nudo femminile sconcertò senza dubbio la commissione chiamata a giudicare, ma un altro aspetto non riuscì a convincerla: lo stile. Il verde è il colore predominante, ma con le varie tonalità che si sovrappongono all’azzurro dell’acqua, esso risulta piatto, senza contrasti chiaroscurali e la luce sembra attraversarlo senza creare effetti di profondità.
Lo spazio in lontananza è suggerito da una prospettiva aerea, mentre le figure dai colori bianchi e bruni si stagliano dal fondo prive di volumetria fondendosi con l’ambiente circostante.
La raffigurazione della realtà, di ciò che si può vedere uscendo dagli atelier tramite una peculiare attenzione per il colore è l’aspetto principale dell’arte di Manet da cui partirono le elaborazioni pittoriche degli impressionisti. Egli contribuì alla formazione del movimento mantenendo però sempre una distanza con gli amici impressionisti. Indubbiamente ebbe un ruolo rilevante nella nascita della pittura europea infatti, fu un pittore alla ricerca della modernità.
Il romanziere francese Emile Zolà, uno dei suoi estimatori in suo favore scrisse: «Ho cercato di restituire a Manet il posto che gli appartiene, uno dei primi. Si riderà, forse, del ‘panegirista’, come si è riso del pittore. Un giorno, entrambi saremo vendicati. C’è una verità eterna, che mi sostiene in fatto di critica: è che solo i temperamenti vivono e dominano il tempo. È impossibile capite , impossibile che Manet non trionfi, schiacciando le timide mediocrità che lo circondano …»
E. Zola, in «Evénement Illustrè», 10 maggio 1866.
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